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HIGHLIGHTS

Le vicende legate alla riqualificazione dell’Ex Arsenale Militare dell’isola de La Maddalena ancora oggi sono alla ribalta della cronaca a causa delle inchieste di carattere giornalistico e giudiziario che hanno portato alla luce reati gravi legati alla attribuzione degli appalti e alla mancata bonifica di alcune aree che avrebbe dovuto ospitare il G8.

Si potrebbe guardare a quell’esperienza con occhi diversi e analizzarla con distacco, valutando la qualità delle opere realizzate, immaginandone un utilizzo coerente con il luogo che nasce dalla necessità di costruire un nuovo modello di sviluppo turistico sostenibile per l’intero Arcipelago.

Il complesso nasceva per essere il palcoscenico dell’evento che avrebbe dovuto ospitare i potenti della terra ma al contempo era studiato per diventare, una volta terminato il summit, uno dei poli di eccellenza legati al turismo d’elite che si candidava ad ospitare manifestazioni legate alla nautica e alla vela come l’America’s Cup e la Luis Vuitton Trophy che vi si è svolta tra il 22 Maggio e il 6 Giugno del 2010.

La contraddizione intrinseca di essere concepito come un complesso di edifici organicamente definiti per un evento veniva superata dalla estrema flessibilità degli spazi interni e dalla presenza di spazi aperti e percorsi di connessione che si sarebbero potuti interpretare e comporre a seconda delle esigenze degli eventi successivi.

Le foto qui presentate sono scattate in occasione dell’evento dell’inaugurazione tenutasi nel Settembre del 2009 subito dopo il Summit tra l’Italia e la Spagna.

Per la prima volta, da quando erano iniziati i lavori di bonifica iniziati nell’aprile del 2008, i cittadini dell’Isola de La Maddalena poterono per la prima volta riappropriarsi e abitare quegli spazi.

Il linguaggio sobrio e misurato teso a costruire un dialogo coerente ma non mimetico con le preesistenze attraverso la proposta di un orizzonte di continuità capace di fondere assieme ruderi e nuovi interventi.

In quest’ottica coloro che avevano lavorato in quegli spazi potevano riconoscerli, quasi liberati dal peso del tempo e restituiti a nuova vita, un nuovo stadio evolutivo dei luoghi che li avevano visti protagonisti, mettere mano ai torni e alle forge. L’edificio che suscitava maggior emozione era la Casa del Mare

un diamante appoggiato a terra che sostiene una grande struttura a sbalzo che si protende nell’acqua in direzione della Sardegna. Poiché allo stesso tempo è nel mare e del mare, la scatola sospesa di Boeri è pervasa da una luce quasi materiale e tangibile.

Queste parole di Rem Koolhaas (cfr Corriere della Sera, 7 Ottobre 2009) restituiscono l’emozione forte che animava tutti coloro che attraversavano gli spazi sospesi sull’acqua e proiettati sul paesaggio dell’isola di Santo Stefano. Il rigore costruttivo e la “sobrietà globale che interpreta intelligentemente la tradizione navale e le caratteristiche naturali del sito” possono essere ricondotti ad un’estetica della riduzione percettiva radicale degli elementi costruttivi finalizzata ad amplificare l’ingresso del paesaggio nell’architettura, senza soluzioni di continuità.

La successione di vetrate e partizioni trasparenti a tutta altezza, di boiserie e pavimenti lucidati genera uno spazio onirico, popolato dalla moltiplicazione di riflessi e riverberi che disegnano sulle pareti e sui pavimenti profondità e paesaggi che della realtà sono il suo doppio.

Il mare appena increspato, il sole prossimo a dar fuoco all’orizzonte, lo sguardo del flaneur, divengono l’anima mutante di questo spazio incantato.

Le foto sono state scattate con una Nikon FA su pellicola a colori e obiettivo Nikkor 28 f 2.8.

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